Come ridurre l’impatto ambientale di un’attività commerciale: la guida di Up2You Insight

Hai un’attività commerciale? In questo white paper vedremo diversi consigli per ridurre le emissioni nel settore retail. Scaricalo gratuitamente.
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Rendere un’attività commerciale sostenibile: i 4 vantaggi


Con l’avanzare dei cambiamenti climatici le imprese sono sempre più incentivate a identificare e diminuire il proprio impatto negativo sull’ambiente. Il settore commerciale è tra quelli più interessati, perché deve rispondere alle politiche ambientali nazionali e internazionali, ma anche a un mercato sempre più attento alla sostenibilità dei prodotti, e a consumatori e consumatrici sempre più esigenti. 

Una transizione verso una maggiore sostenibilità da parte delle imprese in ambito retailing è auspicabile per il benessere del pianeta per due ragioni principali:

  • il 25% delle emissioni globali sono generate da attività commerciali;

  • queste aziende possono generare un cambiamento sulla catena del valore e nelle scelte di consumatori e consumatrici. 

E queste non sono le uniche motivazioni: per un’attività commerciale, impegnarsi a ridurre l’impatto ambientale derivante dalle proprie attività significa anche assicurarsi numerose opportunità. 

Ecco i 4 vantaggi principali:

  • ridurre i costi, generando energia rinnovabile in loco o riducendo le inefficienze nel consumo energetico;
  • attrarre investimenti, assicurando strategie di sostenibilità a lungo termine;
  • aumentare la resilienza, aggirando l’innalzamento dei prezzi di carburanti ed energia;
  • avere vantaggi competitivi, aumentando la fiducia degli acquirenti e incontrando gli interessi di consumatori e consumatrici.  

Per raggiungere questi risultati, non basta ridurre gli impatti negativi sull’ambiente: è necessario farlo correttamente. Per questo motivo, Up2You Insight ha realizzato uno studio per guidare le attività commerciali che intendono cogliere l’opportunità di creare valore a lungo termine aiutando il pianeta.

Emissioni nel settore retail: quali sono le fonti emissive critiche


Il settore del retail è una delle dieci tipologie di business a più alta intensità emissiva. Inoltre, secondo la National Retail Federation, più del 90% delle emissioni delle attività commerciali derivano da quello che in termine tecnico viene definito Scope 3: in altre parole, tutte le emissioni generate a monte e a valle rispetto alle attività aziendali. Tra queste rientrano, ad esempio, le emissioni associate alla produzione dei beni venduti, il loro trasporto, la gestione dei rifiuti, etc.

Per questo motivo le attività commerciali rappresentano un settore con grande influenza sulle catene di fornitura

Allo stesso tempo, però, la costruzione di un piano di riduzione efficace risulta particolarmente complicata, poiché coinvolge diversi stakeholder. Per riuscire in questo intento è fondamentale conoscere innanzitutto le attività più emissive del settore.

  • Produzione ed estrazione di materiali grezzi: per molti retailer è uno dei driver principali di emissioni. Le attività di questa fase avvengono prima della generazione del prodotto e includono le attività agricole e l’estrazione di risorse. Fa parte di questa fase anche la trasformazione dei materiali in ingredienti, imballaggi, fibre o altri elementi utilizzati nella produzione. Nel caso della produzione di cibi e bevande può arrivare a rappresentare anche il 50/90% delle emissioni totali.

  • Manifattura del prodotto: include le operazioni di trattamento e conversione dei materiali grezzi nel prodotto finito. Il peso di questa fase varia in funzione della categoria degli oggetti considerati, ma, tranne nel caso dell’elettronica, non è la più significativa in termini di emissioni. 

  • Operazioni di vendita: comprendono tutti i processi associati alla vendita del prodotto finito e possono avvenire attraverso una serie di canali, tra cui e-commerce e negozi fisici. Questa fase include il trasporto del prodotto tra le strutture per la vendita al dettaglio (magazzini, centri di distribuzione e negozi), ma non il trasporto verso l’abitazione del consumatore. Nonostante le emissioni di questa fase siano in genere contenute, c’è una grande differenza a seconda delle catene di fornitura. Nel caso dei negozi fisici, ad esempio, il consumo energetico può essere molto maggiore di quello di un rivenditore e-commerce. 

  • Trasporto “last mile” (dal negozio al consumatore): varia notevolmente a seconda di una serie di fattori, tra cui il canale di vendita utilizzato, il numero di articoli acquistati e la scelta del mezzo di trasporto. In generale, sia che l’acquisto avvenga online, sia che avvenga in negozio, i parametri principali che influiscono sull’impatto di questa fase sono il numero totale di km percorsi e il mezzo di trasporto scelto.

  • Utilizzo del prodotto e smaltimento: rappresenta un grande impatto nel ciclo di vita del prodotto. Nel caso di prodotti elettronici, di apparecchi domestici e di alcune tipologie di cibi può rappresentare la fase più critica. 
Emissioni nel settore retail

Come ridurre le emissioni dirette di un’attività commerciale: 6 consigli


Conoscere le attività più critiche non basta per identificare una strategia di mitigazione efficace: è fondamentale quantificare le emissioni generate. Per farlo, occorre raccogliere i dati sull’utilizzo di elettricità, gas, combustibile e refrigeranti in un anno (Scope 1 e 2), per poi calcolare le emissioni associate.

Una volta calcolate le emissioni di CO₂, si possono attuare una serie di strategie per ridurle. Di seguito alcuni esempi di consigli di riduzione di Scope 1 e 2 validi per la maggior parte delle aziende.

  • Efficientamento degli impianti di riscaldamento e raffrescamento degli edifici.
    L’impianto di riscaldamento, ventilazione e raffrescamento (HVAC) generalmente è responsabile del 40% della bolletta di una PMI. Nelle imprese del settore retail che vendono prodotti freschi deperibili (es. prodotti alimentari), il raffrescamento può avere un ruolo ancor più centrale e comportare significative emissioni causate dall’uso di gas refrigeranti. Oltre alla sostituzione dell’impianto, se necessario, si può optare per sistemi con gas refrigeranti meno impattanti, controlli regolari e lavori di manutenzione. Anche scelte semplici, come abbassare la temperatura di riscaldamento di un grado e alzare quella di raffrescamento, possono avere degli impatti significativi nel consumo annuale.

  • Migliorare il sistema di illuminazione.
    L’illuminazione rappresenta in media il 14% del consumo energetico di un edificio commerciale. Questa quantità può essere ridotta migliorando le proprie apparecchiature, aumentando la manutenzione e incrementando l’utilizzo di luce naturale. Misure come la sostituzione di vecchie apparecchiature con nuovi modelli a LED possono ridurre il consumo energetico del 50%, oltre a portare benefici commerciali. 

  • Scegliere un fornitore di energia rinnovabile.
    Uno dei modi più facili per ridurre le proprie emissioni legate all’acquisto di energia consiste nello scegliere un fornitore che venda energia generata da fonti rinnovabili

  • Produrre la propria energia. 
    In questo modo, si riducono i costi associati all’acquisto, nonché le emissioni legate al consumo di energia da fonti fossili. In particolare, l’installazione di turbine eoliche e pannelli fotovoltaici sono metodi di produzione di energia rinnovabile consigliabili. Generalmente, i risparmi a lungo termine legati a questa azione superano l’investimento iniziale, apportando anche un risparmio economico, oltre che in termini di emissioni. 

  • Optare per veicoli elettrici o ibridi.
    I veicoli elettrici a zero o basse emissioni dirette sono sempre più numerosi e accessibili: un’ottima alternativa per la propria flotta aziendale.

  • Limitare le perdite di gas refrigeranti.
    Investire nel rilevamento delle perdite di gas e nel miglioramento della manutenzione dei sistemi di refrigerazione permette di ridurre i rilasci involontari di gas serra. 

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Ridurre le emissioni dirette però non basta, specie per quanto riguarda le attività commerciali: come abbiamo visto, infatti, nel settore retail più del 90% delle emissioni deriva dallo Scope 3, quindi dalle emissioni che non dipendono direttamente dalle attività aziendali, come quelle legate al trasporto.

Per questo motivo, abbiamo deciso di fornirti altri 6 consigli per ridurre anche le emissioni di Scope 3 della tua attività commerciale. Troverai, inoltre, moltissimi dati e informazioni riguardanti le aziende del settore del retail e la sostenibilità, come il numero di attività commerciali in linea con l’Obiettivo di Parigi o i risultati che è possibile raggiungere.

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