Il digitale è ormai una parte essenziale delle nostre vite: ci permette di lavorare, comunicare, informarci e intrattenerci in modi impensabili fino a pochi anni fa.
Tuttavia, nonostante sembri privo di peso e materia, il mondo digitale porta con sé conseguenze ambientali ben reali, ma nascoste!
Elevati consumi energetici, le emissioni che ne conseguono e lo sfruttamento delle risorse naturali sono solo alcuni dei principali impatti ambientali che il mondo del digitale provoca.
Con l’avvento dell’intelligenza artificiale generativa, questo fenomeno si è inoltre amplificato in maniera esponenziale!
Allenare e utilizzare modelli sempre più potenti richiede enormi quantità di elettricità, acqua e materiali, rendendo il settore digitale uno dei protagonisti delle sfide ambientali del nostro tempo.
In questo articolo analizzeremo cos’è la digital carbon footprint, quali sono gli impatti concreti del digitale e vedremo le 5 principali azioni che si sta provando ad adottare per ridurre l’impronta digitale e contribuire a uno sviluppo più sostenibile.
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Cos’è la digital carbon footprint
La digitalizzazione è ormai parte integrante della nostra vita quotidiana e dei processi aziendali: dall’uso di smartphone e computer fino allo sviluppo di tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale.
Questo progresso porta con sé numerosi vantaggi come:
- ottimizzazione dei processi;
- riduzione di sprechi;
- diminuzione dell’uso di carta.
Tuttavia, dietro a ogni servizio digitale si nasconde anche un lato meno visibile: un impatto ambientale crescente!
Con il termine digital carbon footprint (impronta di carbonio digitale) si indica la somma delle emissioni di gas serra generate lungo l’intero ciclo di vita delle tecnologie digitali. Non si tratta solo dell’energia necessaria per alimentare dispositivi, server e reti di comunicazione, ma anche delle risorse consumate e delle emissioni prodotte nella fase di produzione, trasporto e smaltimento dell’hardware.
Ogni email inviata, ogni video in streaming o ogni algoritmo di intelligenza artificiale allenato lascia dietro di sé una traccia di CO₂ equivalente.
Questa impronta comprende quindi diverse fonti di emissione:
- l’uso di dispositivi come computer e smartphone, che richiedono energia elettrica;
- le infrastrutture digitali, in particolare i data center, veri e propri “cuori energetici” del web;
- la produzione e il fine vita dell’hardware, con processi industriali che comportano consumo di materiali, trasporto e gestione dei rifiuti elettronici.
Comprendere la digital carbon footprint è fondamentale per affrontare in maniera consapevole le sfide ambientali legate al settore tecnologico.
Se da un lato il digitale può essere un alleato nella transizione ecologica, dall’altro è importante riconoscere il suo impatto e lavorare per ridurlo, soprattutto in un contesto in cui la diffusione dell’intelligenza artificiale rischia di amplificarne ulteriormente le emissioni.
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Qual è l’impatto ambientale digitale delle persone nel quotidiano
Quando pensiamo all’impatto ambientale del digitale, spesso immaginiamo soltanto i grandi data center delle multinazionali tecnologiche. In realtà, anche le nostre azioni quotidiane online hanno un costo ambientale concreto, spesso sottovalutato.
Un esempio? L’intelligenza artificiale generativa.
Diversi studi evidenziano come una singola domanda rivolta a sistemi come ChatGPT comporta in media l’emissione di 4,32 grammi di CO₂ e un consumo di acqua che, in cinque interazioni, arriva a circa 500 ml, l’equivalente di una bottiglietta.
Se confrontiamo questi dati con una ricerca tradizionale su Google, la differenza appare lampante!
Una query sul motore di ricerca emette circa 0,2 grammi di CO₂, mentre cinque ricerche consumano in media 46 ml di acqua.
Numeri che, presi singolarmente, possono sembrare piccoli, ma se moltiplicati per le milioni di richieste generate ogni giorno diventano un’impronta ambientale tutt’altro che marginale.
Questo ci porta a una riflessione importante!
In un mondo sempre più digitalizzato, dove gli strumenti digitali ci accompagnano in ogni aspetto della vita personale e professionale, è fondamentale domandarsi quanto siano davvero necessari i servizi che utilizziamo e in che modo possiamo farne un uso più consapevole.
Il digitale ha un potenziale enorme per favorire la sostenibilità, ma per far sì che questo avvenga è necessario essere coscienti anche dei suoi costi invisibili.
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Quali sono gli impatti del settore digitale
Il settore digitale è oggi uno dei motori principali della trasformazione economica e sociale, ma la sua crescita comporta conseguenze ambientali sempre più significative.
Dalla produzione dei dispositivi all’alimentazione dei data center, ogni componente dell’ecosistema digitale lascia un’impronta che va oltre il semplice consumo energetico.
Impatto ambientale dei data center
I data center sono le centrali pulsanti del mondo digitale. Queste importanti infrastrutture digitali si occupano di:
- custodire i dati;
- alimentare il cloud;
- sostenere lo streaming;
- permettere lo sviluppo di tecnologie sempre più avanzate come l’intelligenza artificiale.
Questa enorme infrastruttura invisibile ha però un costo ambientale significativo!
Il primo da tenere in considerazione è il consumo di energia. Nel 2021 i data center erano responsabili di circa l’1-1,5% dell’elettricità mondiale, pari a oltre 220 TWh. Una quota che, con la diffusione di servizi digitali sempre più energivori, potrebbe arrivare a rappresentare il 20% entro il 2030.
Secondo studi dell’università di Berkeley, solo per l’addestramento di GPT-3, ad esempio, sono stati necessari 1.300 MWh di elettricità: l’equivalente del consumo annuo di un intero quartiere.
Più i modelli di AI crescono, più la curva dei consumi accelera senza sosta!
A pesare non è solo l’energia richiesta dai server, ma anche quella necessaria al loro raffreddamento: fino al 50% dei consumi complessivi di un data center deriva infatti da sistemi di climatizzazione.
L’effetto combinato di questi fattori si traduce in emissioni di gas serra sempre più rilevanti. Oggi i data center incidono per circa lo 0,5% delle emissioni globali di CO₂, ma le stime parlano di una possibile crescita fino all’1% entro il 2030.
Infine, non bisogna trascurare gli impatti legati al territorio e ai materiali dove la costruzione di impianti provoca:
- l’occupazione di vaste aree di terreno;
- elevato consumo di suolo;
- pressione sugli ecosistemi.
Questa crescente pressione energetica solleva un punto critico: senza interventi strutturali e una rapida transizione verso fonti rinnovabili, l’espansione dei data center potrebbe rallentare l’abbandono dei combustibili fossili e compromettere il raggiungimento degli obiettivi globali di decarbonizzazione.

Impatto idrico
Il settore digitale, e in particolar modo l’intelligenza artificiale e l’immensa infrastruttura che la sostiene, non consumano solo energia: il loro effetto sull'ambiente si estende anche alle risorse idriche, spesso poco visibili ma altrettanto cruciali.
Sempre secondo uno studio dell’università di Berkeley, l’addestramento di GPT-3 ha richiesto circa 700.000 litri d’acqua dolce: una quantità sufficiente per 17.500 docce.
Inoltre, secondo una stima prospettica, entro il 2027 l’intelligenza artificiale potrebbe comportare un prelievo idrico globale tra i 4,2 e i 6,6 miliardi di metri cubi.
All’incirca come se l’intero consumo idrico annuale del Regno Unito venisse utilizzato per far funzionare l’AI.
Questa pressione sulle risorse si manifesta in modo concreto nei territori:
- i data center, fondamentali per alimentare i modelli, si trovano spesso in zone già soggette a stress idrico;
- nuove infrastrutture sono previste in regioni come Texas, Arizona, India e Arabia Saudita, dove la disponibilità di risorse è già limitata, aumentando il rischio di conflitti con comunità agricole o urbane.
Nonostante questa criticità, ci sono segnali di cambiamento. L’industria sta sperimentando sistemi di raffreddamento senza acqua, come tecnologie “waterless” o circuiti chiusi, già adottati per esempio dal 64% dei data center commerciali in Inghilterra.
Al tempo stesso, il settore digitale si sta impegnando nell’uso dell’AI per migliorare la gestione dell’acqua: in Europa si stanno sviluppando sistemi intelligenti, dai sensori IoT all’analisi dati in tempo reale, che rendono i servizi idrici più efficienti e sostenibili, a beneficio sia dell’ambiente sia delle comunità.
Impatto minerario
Dietro l'efficienza invisibile degli strumenti digitali si nasconde una catena produttiva che poggia su minerali difficili da reperire quali:
- litio;
- cobalto;
- terre rare;
- nichel;
- rame;
- silicio.
Questi materiali, indispensabili per alimentare il mondo digitale, vengono estratti tramite processi che causano gravi conseguenze ambientali e sociali.
L’estrazione del litio, per esempio, comporta il prelievo di enormi quantità di minerale che causano deforestazione, contaminazione delle falde e degrado del territorio.
Il cobalto, estratto prevalentemente nella Repubblica Democratica del Congo, è associato a fenomeni di disuguaglianza sociale, sfruttamento e gravi rischi per i diritti umani, incluse forme di lavoro minorile.
Le terre rare, utilizzate per i componenti più sofisticati dell’hardware digitale, sono estratte in regioni con scarse garanzie ambientali: un chilogrammo di queste può produrre fino a 2 tonnellate di rifiuti tossici, comprese scorie radioattive.
Più in generale, le attività estrattive causano:
- erosione;
- perdita di biodiversità;
- inquinamento di acqua e suolo;
- rilascio di sostanze chimiche;
- cambiamenti profondi nei paesaggi naturali.
Eppure, è ancora possibile invertire la rotta!
Le pratiche di estrazione responsabile, come il Direct Lithium Extraction (DLE), promettono una riduzione dell'impatto idrico e territoriale, mentre la crescita del riciclo dei minerali, che oggi copre solo una piccola parte della domanda, potrebbe alleviare la pressione estrattiva e promuovere una maggiore economia circolare.
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5 modi per ridurre l’impatto ambientale digitale
Ridurre l’impronta ambientale del digitale e dell’intelligenza artificiale non è solo una sfida tecnologica, ma una responsabilità collettiva che coinvolge aziende, istituzioni e cittadini. Ecco 5 azioni concrete per contribuire a un futuro digitale più sostenibile.
1. Sviluppare modelli di AI più efficienti
La ricerca deve orientarsi verso algoritmi capaci di offrire prestazioni elevate consumando meno energia e acqua. L’efficienza non è solo una questione tecnica: è la chiave per rendere l’AI uno strumento di progresso senza gravare eccessivamente sull’ambiente.
2. Alimentare i data center con energie rinnovabili
I data center sono il cuore del digitale e la loro impronta dipende in larga parte dalla fonte di energia utilizzata. Alimentarli con fonti rinnovabili e adottare sistemi di raffreddamento più sostenibili significa ridurre drasticamente le emissioni e l’impatto idrico.
3. Ottimizzare la gestione dei dati
Conservare solo le informazioni necessarie, ridurre la duplicazione dei contenuti e migliorare l’efficienza dei flussi digitali sono pratiche che permettono di limitare sprechi energetici e di risorse. Una “dieta digitale” più snella è benefica sia per l’ambiente che per le aziende.
4. Promuovere un uso consapevole a livello individuale
Ogni persona può contribuire con scelte quotidiane: dall’usare l’AI solo quando davvero necessario, all’allungare il ciclo di vita di pc e smartphone con una corretta manutenzione. Anche pratiche semplici come ripulire periodicamente file e dati inutili o ridurre il numero e il peso delle email inviate permettono di contenere consumi ed emissioni. L’adozione su larga scala di questi comportamenti moltiplica il loro impatto positivo.
5. Stabilire regole e standard trasparenti
Per garantire che il progresso tecnologico sia davvero sostenibile servono norme chiare: obblighi di rendicontazione dei consumi, audit indipendenti e standard condivisi per valutare l’impatto ambientale. Una governance trasparente è la base per costruire fiducia e responsabilità nel settore.