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Pianeta blu
Se è vero che la grande sfida a cui è posto di fronte l’uomo oggi è quella della lotta al cambiamento climatico, diventa urgente trovare soluzioni che possano aiutare l’umanità ad uscirne vincitrice. In questo contesto, c’è un ecosistema, il più grande del pianeta, che può essere un alleato straordinario in questo “conflitto”: l’oceano.
L’oceano, la grande distesa blu del nostro mondo, ricopre più dei due terzi della superficie terrestre e detiene il 97% di acqua presente a livello mondiale. Gli oceani forniscono la metà dell’ossigeno essenziale per la vita e sono in grado di assorbire circa il 25% dell’anidride carbonica presente in atmosfera, derivante dalle attività umane.(European Commission).
Considerandole ampie porzioni occupate dai mari sul nostro globo, possiamo definire la terra come “pianeta blu”, luogo essenziale per la vita di ogni specie vivente. Questo ambiente straordinario fornisce molteplici servizi ecosistemici all’uomo, tra cui quello fondamentale della regolazione del clima da cui ad oggi dipende ancora l’esistenza umana.
Le minacce che però stanno perseguitando gli oceani aumentano quotidianamente: cambiamento climatico, plastica nei mari, sovrasfruttamento della pesca, acidificazione delle acque, scarichi industriali, etc. Queste sono solo alcune delle più gravi, tra cui rientrano in larga misura anche i comportamenti dell’uomo, principale elemento destabilizzante nell’equilibrio marino.
L’attenzione crescente nei confronti di questo biosistema ha spinto anche diverse forze politiche, nazionali e internazionali, a muoversi nel tentativo di preservarlo. Le Nazioni Unite, nel 2015, hanno inserito all’interno dell’Agenda 2030 uno specifico “Goal” dedicato all’oceano e alla vita sott’acqua. Nel 2017 si è poi tenuta la prima “Conferenza Planetaria per gli Oceani”, sempre sostenuta dall’ONU, con l'intento di promuovere un utilizzo sostenibile degli oceani.
Infine, dopo più di 15 anni di trattative, negoziati e rinvii, il 4 marzo 2023 è stato sottoscritto dai paesi membri delle Nazioni Unite un importantissimo trattato: “UN Treaty on High Seas” il trattato per la tutela dell’alto mare. Con alto mare si intende, per definizione, quella zona di oceano situata al di là delle acque territoriali nazionali che non è sottoposta a governo di nessuno stato, posta oltre le 200 miglia dalla costa. (Definizione Acque Internazionali)
L’accordo, che rappresenta una vera e propria svolta storica, si pone come primo obiettivo quello di proteggere le superfici dei mari che non sono sottoposte a nessuna giurisdizione, ricomprendendo al proprio interno anche la protezione e la salvaguardia degli ecosistemi marini che li compongono e la biodiversità in essi presenti. Il secondo ambizioso obiettivo che si è posto l’ONU è quello di raggiungere la protezione del 30% di queste acque entro il 2030.
La speranza di questo, come lo definisce il commissario europeo all’Ambiente Virginijus Sinkevicius, “Blue deal” è quella di riuscire finalmente a rispettare questo habitat e riconoscere al polmone blu del nostro mondo lo sconfinato valore che possiede.
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Punto di non ritorno?
Recenti studi1 hanno affermato che le temperature in aumento non hanno riguardato solamente la terraferma: le acque marine hanno anch'esse fatto registrare temperature record. Il riscaldamento globale ha fatto annotare per il sesto anno consecutivo un aumento delle temperature delle acque oceaniche, attribuendo al 2021 la medaglia d’oro per l’anno più caldo di sempre.
Secondo diversi scienziati l’aumento delle temperature dei mari sta crescendo ad un ritmo mai osservato prima: gli oceani si starebbero riscaldando ad una velocità superiore nell’ultimo secolo rispetto a quanto fatto nei precedenti 11.000 anni.
L’aumento delle temperature ha un impatto notevole sull’oceano, causando conseguenze estreme.
Tra le piĂą rilevanti, connesse al climate change, ci sono:
- Innalzamento del livello del mare: causato per lo più dall’espansione termica, ovvero il fenomeno per cui l’acqua si espande nel momento in cui si riscalda e dallo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte polari.
- L’acidificazione delle acque: dovuta all’eccesso di anidride carbonica sempre più concentrata in atmosfera a causa dell’incessante utilizzo da parte dell’uomo dei combustibili fossili.
L’innalzamento del livello dei mari si stima2 che entro il 2050 aumenterà di 30 cm. Considerando che due terzi dell’intera popolazione mondiale vive entro 60 km dalle coste, se le previsioni dovessero rivelarsi esatte, si genererebbe un fenomeno di migrazione climatica senza precedenti e difficilmente replicabile. Un altro studio evidenzia come oltre 570 città potrebbero, entro il 2050, trovarsi a fronteggiare il problema dell’innalzamento del livello del mare, coinvolgendo in questo scenario oltre 800 milioni di persone. I costi economici che sarebbe necessario sostenere per porre rimedio ad una situazione come la seguente raggiungerebbero cifre attorno ai 1000 miliardi di dollari.
L’anidride carbonica rilasciata dai gas a effetto serra tende a rimanere in atmosfera per periodi molto lunghi, dove contribuisce al riscaldamento globale imprigionando il calore. In questo scenario gli oceani offrono un grande contributo: essi assorbono ogni anno un valore pari a circa il 25% di tutta la CO2 in eccesso, mentre negli ultimi 100 anni circa il 30% dell’anidride carbonica è stata catturata dai grandi mari. Questa funzione ha contribuito a mantenere le temperature della terra entro un livello accettabile, consentendo all’uomo di prosperare con un massiccio utilizzo di sostanze altamente inquinanti. I benefici di queste attività sono stati però unicamente a vantaggio dell’uomo, andando anzi a discapito di tutto ciò che vive al di sotto dello specchio blu. Questa corposa operazione di “pulizia” dell’aria ha fatto aumentare la concentrazione di anidride carbonica nei mari, facendone crescere anche il livello di acidificazione, con conseguenze talvolta catastrofiche sulla vita marina.
A farne le spese in maniera più ampia sono soprattutto le specie che presentano gusci con carbonato di calcio, i quali si indeboliscono alla minima variazione di acidità dell’oceano, oltre ad ostriche e coralli.
Un recente studio3 pubblicato sulla rivista nature ha dimostrato come il 90% della vitaoeanica rischia l’estinzione entro la fine del secolo.
Se consideriamo che all’interno di ogni barriera corallina sono presenti quantità enormi di coralli, allora riusciamo a spiegarci come sia possibile che in queste aree vivano tra 1 e 9 milioni di diverse specie marine. L’enorme biodiversità che questi ecosistemi mettono a disposizione sono però oggi tristemente in pericolo, insieme agli habitat in esso presenti con l’annesso rischio di condurre alla scomparsa di numerose specie marine e incidendo sulla catena alimentare di miliardi di animali, portandoli all’estinzione, diretta o indiretta.
Sull’altro piatto della bilancia però a farne le spese è anche l’uomo: le barriere coralline sono fondamentali per la tutela delle coste, garantendo la protezione dall’erosione.
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Contributo positivo
Nel tentativo di mitigare l’impatto dell’uomo sull’ambiente le attività da implementare sono svariate, sia come singoli individui, sia come società . In questo scenario ognuno di noi deve cercare di contribuire per evitare un disastro ambientale irreversibile.
Come azienda, ci sono diverse strade che è possibile percorrere per contrastare il cambiamento climatico e supportare gli oceani: nel breve termine una soluzione efficace è sicuramente finanziare progetti di contrasto al cambiamento climatico e protezione degli ecosistemi marini e costieri, come il progetto Delta Blue Carbon. Tale progetto include la più grande azione di riforestazione di mangrovie del mondo. I blue carbon credit generati dal progetto sono generati proprio dalla crescita e dalla conservazione di piante, permettendo da un lato di contrastare il cambiamento climatico assorbendo CO₂, dall’altro di proteggere il relativo habitat marino.
Sei interessato a supportare anche tu progetti come Delta Blue Carbon? Scopri i nostri prodotti.
1Fonte: In a Bottle
2Fonte: National Geographic
3Fonte: Nature